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UnknownSalomè e la testa di Saint JohnsCirca 1680
Circa 1680
20.400 €IVA inclusa
Informazioni sull’articolo
Scuola italiana, fine del XVII secolo
Salomè e la testa di Saint Johns
Olio su tela
H. 109 cm; L. 83 cm
Senza segno
Il tema di Salomè che riceve la testa di Saint Johns è uno dei più inquietanti della pittura barocca, in quanto unisce bellezza e crudeltà, erotismo e fede. L'episodio biblico (Marco 6:17-29) racconta che Salomè, figlia di Erodiade, ottenne dal re Erode, ammaliato dalla sua danza, la testa del profeta Giovanni Battista, che aveva condannato l'unione illecita dei suoi genitori.
In quest'opera della fine del XVII secolo, la scena è trattata con la sensibilità drammatica caratteristica del tardo Barocco. La luce, ispirata a Caravaggio, concentra la sua brillantezza sul volto di Salomè e sulla testa del santo, isolando i protagonisti in un'atmosfera di silenzio e tensione. Il bagliore dorato sottolinea la dualità del soggetto: la bellezza giovanile della giovane donna e la tragedia del martirio.
Salomè, in questo caso, non è raffigurata come una semplice carnefice, ma come una figura ambivalente: il suo sguardo esitante esprime sia fascino che rimorso. La grazia della sua postura, la ricchezza dei tessuti e la sobrietà dei suoi gesti contrastano con l'orrore del trofeo che presenta. Questo contrasto, tipico dell'arte barocca italiana, evoca un'emozione morale: la vanità della seduzione confrontata con la purezza del sacrificio.
Il pittore combina naturalismo e spiritualità in una composizione in cui la luce diventa il linguaggio della fede. L'influenza di maestri come Guido Cagnacci o Carlo Dolci è percepibile nella delicatezza dei toni della carne e nella sobrietà dell'ambientazione. Attraverso questo dialogo tra bellezza e morte, questa Salomè illustra la potenza espressiva dell'arte italiana della fine del XVII secolo, dove il patetico e il sacro convergono per invitare alla contemplazione.
- Anno di creazione:Circa 1680
- Dimensioni:Altezza: 109 cm (42,92 in)Larghezza: 83 cm (32,68 in)
- Tecnica:
- Movimento e stile:
- Periodo:1680-1689
- Condizioni:
- Località della galleria:BELEYMAS, FR
- Numero di riferimento:1stDibs: LU1857217306302
Informazioni sul venditore
3,0
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Giuditta che decapita Oloferne è un dipinto a olio di Giovanni Raffaele Badaracco della metà del XVII secolo.
Olio su tela, cm. 102x75..
Ottime condizioni.
Prov. Sotheby's, Amsterdam, 1986; Collezione privata del Nord Europa.
Competenza del Dr. Patrizio Basso Bondini.
La tela in questione, esposta da Sotheby's ad Amsterdam il 2 giugno 1986, è opera del pittore Gio Raffaele Badaracco, uno degli interpreti più originali, per quanto riguarda la singolarità del suo stile, della cultura pittorica genovese tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento.
La formazione di Badaracco, come apprendiamo dalla sua principale fonte biografica scritta da Ratti, si svolge tra Roma, dove si trasferisce nel 1660 e dove lavora nell'ambiente di Carlo Maratta (1625 -1713), suo maestro, e Pietro da Cortona (1597-1669), e Genova, dove torna dopo otto anni di permanenza a Roma, ma non prima di essere passato per Napoli e Venezia. Nella sua città natale si dedicò a un'intensa attività artistica, prima come ritrattista, sulla scia della lezione di Van Dyck filtrata da uno dei suoi più noti seguaci a Genova, Giovanni Bernardo Carbone (1614-1683), e poi come pittore di quadri storici. La fertilità e la fretta, caratteristiche evidenziate anche da Ratti, sono alla base della sua produzione e numerosi suoi dipinti sono tuttora conservati nelle chiese liguri e nelle collezioni pubbliche. Tuttavia, nonostante la copiosa produzione di opere da parte sua, una chiara cronologia dei dipinti che Badaracco eseguì durante la sua carriera artistica rimane ancora da precisare.
Memore della lezione di Cortona e Maratta, Badaracco sviluppò uno stile del tutto personale in armonia con l'orientamento culturale della pittura genovese, avvicinandosi inizialmente soprattutto a Giovanni Benedetto Castiglione (1609-1664) e a Domenico Piola (1627-1703), per poi seguire, nel filone classico, compromesso tra pittura narrativa e spirito barocco, Paolo Piola (1666-1724) e Lorenzo De Ferrari (1680-1744).
Il nostro dipinto, probabilmente destinato a una committenza privata, fu probabilmente eseguito dopo l'inizio del nono decennio quando il pittore, pur rimanendo fermo al linguaggio marattesco, si avvicina proprio ai metodi di Paolo Gerolamo Piola. L'opera può essere confrontata, anche per l'ambientazione della scena e la rappresentazione dei personaggi a mezzo busto, con Giacobbe che riceve la veste insanguinata di Giuseppe, conservata a Genova presso la Galleria Piero Pagano, che vogliamo datare con precisione negli anni '90 del XVII secolo, e con la scena biblica collocata prima del 1975, sempre a Genova, nella Galleria Rubinacci.
Bibliografia di riferimento:
R. Soprani, Le vite de, pittori... Genovese, Genova, 1674, p.206.
C. G. Ratti, Delle vite dei pittori, scultori e architetti genovesi, II, Genova, 1769, pp.69-73.
M. Newcome, Raffaello Badaracco, "Living Antiquity", 2, 1980, pp.21-27.
P. Pagano, M. C. Galassi, Pittura del Seicento a Genova, Milano, 1988, figg. 48-54, p.644.E. Gavazza, F. Lamera, L. Magnani, Pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, 1990, pp.400-401. C. Di Fabio, Gio. Raffaele Badaracco. Qualità e industria, "Bollettino dei Musei Civici di Genova", 40-42, 1992, pp.61-73.
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